POPOLI ONLUS
COMUNITA' SOLIDARISTA

PROGETTO SANITARIO

soldato-amputato_karenLe cliniche mobili sono state la prima realizzazione di Popoli in territorio Karen, frutto di un progetto che prosegue ancora oggi fin dal 2001.

Per porre rimedio alla grave situazione sanitaria della regione abbiamo indirizzato i nostri interventi verso la costruzione di presidi medici e il loro continuo rifornimento di farmaci. In ogni clinica lavorano in media sette operatori, formati in numerosi corsi tenuti da medici della nostra comunità e da esperti infermieri Karen.

Oggi, le 7 cliniche di Popoli servono un bacino di utenza di circa 30.000 persone e forniscono un servizio di assistenza anche a quelle persone che per motivi di salute o di difficoltà legate alla situazione bellica sono impossibilitate a raggiungere queste strutture. Un team di paramedici ogni settimana si sposta nei villaggi di competenza delle cliniche per portare farmaci e visitare gli abitanti.

Popoli Onlus organizza almeno due missioni all’anno durante le quali medici ed infermieri italiani si spostano da una struttura all’altra per trattare i casi più gravi e per addestrare il personale sanitario Karen.

ASPETTI SANITARI

La lista dei medicinali che la nostra Comunità fornisce alle cliniche che operano nelle aree della Birmania Orientale, in origine era stata compilata dal responsabile del Dipartimento Karen di Sanità e Welfare, dott. Kyi Kyi e riproduceva una richiesta standard, conforme ad un fabbisogno di sei mesi, per una clinica mobile di dimensioni medio – grandi. Nel corso della preparazione delle missioni precedenti sono state apportate diverse correzioni con lo scopo di razionalizzare la richiesta e la lista definitiva è stata poi di nuovo approvata dal dott. Kyi Kyi. Si discute ogni modifica col personale sanitario delle cliniche per concordare insieme quantità e assortimento dei medicinali, soprattutto in base ai dati dei monitoraggi che vengono raccolti ogni sei mesi.
Diverse correzioni sono state decise negli anni anche in seguito a colloqui avuti a Mae Sot con operatori di organizzazioni internazionali. Le principali variazioni riguardano: riduzione dei preparati in forma iniettabile quando lo stesso principio attivo è presente nella lista anche in forma orale. In molti paesi dell’est e del sud – est asiatico esiste nella classe medica un pregiudizio sull’uso della via orale che viene erroneamente ritenuta inefficace o poco efficace. In realtà la via parenterale oltre ad essere più costosa, date le scarse condizioni igieniche, risulta più rischiosa, pertanto va limitata esclusivamente ai casi molto gravi.  riduzione del quantitativo di destrometorfano cpr., che viene integrato con un espettorante. Questa scelta è stata fatta in seguito all’oggettiva osservazione che la tosse secca è poco frequente. Riduzione del quantitativo di griseofulvina cpr. La griseofulvina va usata solo dopo che la terapia locale si sia dimostrata insufficiente; poiché non era stato richiesto alcun antifungino per uso topico (che quindi è stato introdotto), se ne deduce che tutte le infezioni da funghi vengano trattate con la terapia orale. Riduzione del quantitativo di soluzioni perfusionali e di ringer lattato. Innanzitutto sono state sostituite le confezioni da cinquecento millilitri con quelle da mille che hanno un costo di poco superiore, mentre la riduzione è stata compensata con sali per reidratazione orale in buste, più adatti all’uso nelle gastroenteriti non gravi. Aumento del quantitativo di siringhe monouso. Il numero di siringhe richieste era un quinto del numero dei preparati iniettabili, questo perché era di prassi il riutilizzo della siringa dopo una sterilizzazione sommaria.

Una valutazione particolare ha richiesto l’approccio alla malaria, che rappresenta la principale emergenza sanitaria. In circa la metà dei casi accertati, il responsabile è un P.falciparum spesso clorochino e meflochino resistente, nell’altra metà un P.vivax generalmente sensibile alla clorochina. Nei campi profughi in Thailandia sono stati usati con successo, al punto che la malaria da falciparum è stata pressochè debellata, due derivati dell’artemisinina, un principio attivo scoperto in Cina, ottenuto da una pianta l’Artemisia Annua. L’artemisinina viene commercializzata col nome di Artesunate (lievemente idrosolubile) o di Artemether (liposolubile) ed ha un costo abbastanza elevato. L’uso va limitato ai casi accertati di P. falciparum clorochino e meflochino resistenti, quindi deve essere preceduto da un’analisi del sangue. Il trattamento viene fatto associando l’Artesunate con la meflochina e necessita della supervisione di un medico per una corretta applicazione. Per tutti questi motivi, al momento l’uso dell’Artesunate nelle cliniche mobili è impraticabile. Il trattamento alternativo prevede l’uso del chinino in associazione con la tetraciclina. Il protocollo terapeutico richiede la somministrazione di 10 mg/kg di peso di chinino e di 5 mg/kg di peso di tetraciclina tre volte al giorno per sette giorni. Per la presenza della tetraciclina è controindicato in gravidanza e nei bambini sotto gli otto anni. Nonostante questo secondo trattamento sia notevolmente più tossico dell’uso dell’artemisina, che per il momento non sembra avere controindicazioni, attualmente è l’unico praticabile nelle aree in guerra.

Perchè Popoli utilizza farmaci generici

I farmaci generici sono quei farmaci di cui è scaduto il brevetto (di proprietà dell’azienda che ha “scoperto” il farmaco e che ne detiene il monopolio commerciale per circa una ventina d’anni) che vengono quindi commercializzati con il nome chimico internazionale (INN- International Non proprietary Name) anziché con un nome commerciale di fantasia (es: acido acetilsalicilico 500mg da tutti conosciuto come aspirina, che è il nome di fantasia dato al prodotto da bayer, l’azienda che ha detenuto il brevetto per questo prodotto, nel caso di commercializzazione come prodotto generico dovrebbe chiamarsi solo “acido acetil salicilico” – altro esempio: la tachipirina è il nome comm

erciale del paracetamolo che nel caso del generico si chiamerà paracetamolo).
Il farmaco generico dovrà garantire, oltre alla stessa efficacia terapeutica, gli stessi requisiti di qualità, sicurezza e biodisponibilità del corrispondente farmaco commerciale di cui è scaduto il brevetto.

 

Perché è preferibile utilizzare farmaci generici nelle missioni umanitarie:

• Il generico costa molto meno.
• Si possono confezionare in recipienti contenenti numerose “unità posologiche”, cioè numero di capsule o compresse (5000, 10.000 in un barattolo delle dimensioni di quello della nutella) che quindi, occupando molto meno spazio richiedono minor spesa di trasporto.
• Riportano in etichetta il nome chimico internazionale, la cui comprensione è universale e ciò evita grossolani e dannosissimi errori nel suo utilizzo (un operatore sanitario russo non può sapere cosa sia la tachipirina e tantomeno leggere il foglietto illustrativo scritto in italiano).
• Vi sono minori rischi che vengano, una volta giunti a destinazione, commercializzati sul mercato nero, data la maggiore difficoltà di “condizionamento” (suddivisione del contenuto in confezioni rivendibili al pubblico) mentre una confezione commerciale vi finisce 5 volte su 10.

L’utilizzo del generico è raccomandato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, che suggerisce, in concerto con le maggiori agenzie umanitaria internazionali, di inviare farmaci e materiale medico chirurgico solo previa autorizzazione da parte del destinatario, accertato fabbisogno ( per questo vengono effettuate le cosiddette “missioni di valutazione”) e garanzia di qualità del farmaco inviato; quello che non è “buono” per noi, non lo è nemmeno per chi ha maggior bisogno. Su quest’ultimo punto l’OMS insiste sopratutto al fine di evitare l’invio di farmaci “di raccolta” di cui non è garantita la provenienza e la qualità (una volta che il farmaco esce dal suo circuito, cine azienda-grossista-farmacia non può dare garanzia di buona conservazione) e sopratutto, essendo questi ultimi raccolti senza precisi criteri, non sono quasi mai attinenti ai fabbisogni e in quantità sufficienti per garantire l’aderenza ad un preciso piano terapeutico (si sconsiglia, infatti, anche l’invio di campioni gratuiti che contengono qualche unità per confezione). Un esempio pratico: una scatola di banalissimo antibiotico Zimox (amoxicillina) contiene 12 pastiglie. una cura completa è di sei gg, due pastiglie al giorno. se nella scatola vi sono solo otto pastiglie il ricevente non potrà completare la cura rischiando di sviluppare resistenza a quell’antibiotico.
* Si ringrazia la Dottoressa Elena Gandini